Pubblicato su Formiche.net (vedi articolo originale)
I dollari e gli euro che la Cina incassa con il suo export non hanno
sostenuto, almeno fino ad oggi, la ricchezza e i consumi della
popolazione. Ma,
con una super scorta di riserve valutarie, Pechino può concentrarsi su
un piano di investimenti oltreconfine in grado di spiazzare anche
un’economia potente come quella Usa. Il cash cinese fa gola
soprattutto ai Paesi in via di sviluppo, che cercano risorse sviando al
canale del Fondo monetario internazionale. E Pechino sa bene su quali settori puntare. E’ la risposta al fabbisogno energetico e quello alimentare il pensiero fisso della nuova leadership del Paese.
Il piano dell’Ecuador
Secondo il Guardian, l’Ecuador sta progettando di vendere tre degli
8,1 milioni di ettari di Foresta Amazzonica vergine del Paese ad una
società petrolifera cinese. Il report del quotidiano britannico arriva
proprio quando l’inquinamento legato allo sfruttamento petrolifero ha
indotto il confinante Perù a dichiarare lo stato di emergenza ambientale
nella zona della foresta pluviale settentrionale.
I prestiti cinesi
La scorsa estate, riporta Business Insider,
l’Ecuador ha ottenuto un prestito dalla Cina di oltre 7 miliardi, più
di un decimo del suo Pil. Nel 2009 infatti Pechino ha cominciato a
concedere prestiti al Paese, in cambio di partite di petrolio, che hanno
contribuito a finanziare le due più grandi centrali idroelettriche
dell’Ecuador. La China National Petroleum Corp, non a caso, potrebbe
presto ottenere una quota del 30% in una raffineria petrolifera nel
Paese.
Uno sviluppo dipendente dalle risorse cinesi
“Secondo me c’è in ballo qualcosa in più della storia dei debiti. E’
perché L’Ecuador è così dipendente dalla Cina per il finanziamento dello
sviluppo nazionale che si vuole raggiungere un compromesso anche in
altri campi come quello della regolamentazione sociale ed ambientale”,
ha detto al Guardian Adam Zuckerman, attivista nel settore green e dei
diritti umani presso la Ong californiana Amazon Watch.
I diritti delle popolazioni indigene
I sette gruppi indigeni che vivono nella zona sono preoccupati dal
piano del governo, specialmente perché lo scorso anno una corte ha
stabilito che il governo debba ottenere “un consenso libero, precedente
ed informato” dalle tribù prima di ogni decisione che abbia riflessi
sulla loro terra.
“Non ci hanno consultati, e siamo qui per dire ai grandi investitori che
non hanno la nostra autorizzazione per procedere allo sfruttamento di
questa terra”, ha ribadito Narcisa Mashienta, leader del gruppo etnico
Shuar.
L’inquinamento e lo sfruttamento della zona
Dan Collyns del Guardian ha spiegato che “gli indigeni che vivono nei
pressi del bacino del fiume Pastaza vicino al confine dell’Ecuador con
il Perù hanno protestato per decenni per l’inquinamento”, causato da
alti livelli di miscele combustibili presenti nella zona. Non a caso, la
società argentina Pluspetrol ha lavorato in tre diversi impianti
petroliferi dal 2001.
venerdì 29 marzo 2013
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